Emozioni un nuovo mondo da scoprire

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

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Tempo di lettura 3 min

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Parlare di sentimenti aiuta il bambino a comprendere che è amato dai genitori e a imparare come esprimere e gestire i sentimenti.

Nei primi anni di vita il bambino comincia, attraverso le parole ascoltate e pensate, a crearsi una sua immagine del mondo. Questa immagine prende forma e si consolida proprio attraverso le definizioni che l’adulto gli offre, commentando a parole ciò che lui vede, sente e prova. In questa fase iniziale di organizzazione della mente, il bambino ha bisogno dell’adulto per apprendere. Di fronte a qualcosa di nuovo, infatti, il suo sguardo si volgerà subito verso l’adulto, a studiare le sue reazioni, nell’attesa di cogliere le emozioni sul suo viso, seguire il suo sguardo, assorbire le parole che pronuncerà.

E così ecco la mamma o il papà “raccontare” il mondo al bambino: «Guarda, com’è grande quell’albero», «Ecco che viene la nonna». «La bicicletta si è rotta», «Sei caduto e ti sei fatto male ad un ginocchio». E attraverso le parole dell’adulto, gli oggetti e gli eventi intorno a lui cessano di essere una percezione fugace e acquistano un’identità stabile, un significato che rimane nel tempo.

Esiste poi un’intera dimensione della realtà, un intero piano dell’esistenza che è meno tangibile eppure altrettanto reale e importante: si tratta del piano delle emozioni. Anche questo aspetto del mondo va descritto e commentato al bambino; anzi, forse è ancora più importante che descrivere la palla, la pioggia, i rumori.

Infatti, come offriamo al bambino un nome per le cose che vede, ascolta o tocca, altrettanto dobbiamo aiutarlo a dare un nome alle emozioni che prova, o che legge sui volti degli altri. «Sei così eccitato di prendere il treno». «Oggi eri triste perché volevi vedermi e io non c’ero». «Sei spaventato per quel tuono fortissimo». Descrivere le emozioni, quelle “belle” come quelle “brutte”, anche senza commenti, giudizi e senza elargire consigli, ma semplicemente dando loro un nome preciso, è un modo per aiutarlo a comprenderle e, in seguito, a gestirle.

Inoltre trasmette al bambino un segnale importantissimo, il segno che la mamma e il papà mostrano attenzione non solo per ciò che avviene al suo corpo, ma anche al suo cuore: il tumulto che prova dentro di sé quando è agitato, in collera o spaventato non è più una sensazione caotica, ma acquista un senso condiviso con i suoi genitori, che attraverso le parole mostrano di capire quello che succede e di accettarlo, e in questo modo aiutano il bambino a sentire che le emozioni sono “sotto controllo”.

E non sono solo le emozioni del bambino a dover essere descritte: altrettanto importante è che l’adulto descriva i suoi stessi sentimenti. Questo è forse un po’ insolito nella nostra cultura, abituata a considerare le emozioni un fatto personale e privato sul quale mantenere il riserbo; però più saremo in grado di parlare al bambino di ciò che sentiamo, più lo aiuteremo a comprendere il perché delle nostre reazioni. E inoltre, cosa non meno importante, gli offriremo un esempio di come gestire l’emotività, un modello che potrà in seguito fare suo.

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