Linguaggio e prime parole nei bambini

A cura del pediatra Dott. Vincenzo Calia

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E’ proprio a questa età che si comincia a parlare. Anzi, per dirla come si deve, che si sviluppa il linguaggio. Parlare infatti è solo un aspetto, ce n’è un altro altrettanto importante, ed è comprendere le parole.

Si può dire che un bambino comincia a imparare a comprendere e a utilizzare il linguaggio dal giorno in cui nasce; lo fa nella maniera più semplice e naturale, ascoltando le persone che parlano intorno a lui. Anticamente non si sapeva come mai esistessero tante lingue diverse, e così Federico II di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero, volle fare un esperimento per scoprire se ci fosse una lingua “naturale”, che un bambino avrebbe parlato, se non fosse stato influenzato dalle persone che lo circondavano. Prese un gruppo di neonati e lo fece allevare per anni, in un ambiente chiuso, da balie che avevano il divieto assoluto di pronunciare anche una sola parola. L’esperimento si concluse in maniera disastrosa: non solo non si sviluppò nessun linguaggio “naturale”, ma questi poveri bambini, cresciuti in assenza di stimoli verbali, non impararono mai a parlare bene e a comprende alcun linguaggio.

Oggi sappiamo che il nostro cervello si struttura sulla base dell’esperienza ed è proprio il sentir parlare che crea delle connessioni fra le cellule nervose che consentiranno al bambino di comprendere e pronunciare prima le parole e poi le frasi complete. Parlate molto perciò ai vostri bambini, raccontate loro delle storie e leggete loro dei libri: li aiuterete a sviluppare un linguaggio adeguato.

Non solo, ma il nostro cervello è così complesso e ha così tante potenzialità che, se un bambino sente parlare due lingue diverse (perché i genitori, per esempio, sono di due nazionalità diverse), è in grado di impararle contemporaneamente e perfettamente entrambe.

All’inizio si sviluppa più la comprensione e il bambino conosce il significato di molte parole, anche se ne sa pronunciare pochissime (la prima parola, lo sanno tutti, è quasi sempre “mamma”, una parola che ha più o meno lo stesso suono in tutte le lingue del mondo). È facile dirgli “portami quella matita”, e lui la prende e la porta; oppure “dov’è il nasino?”, e lui si tocca il naso. Me se il bambino vuole una cosa, la indica e magari non è ancora capace di nominarla. Presto imparerà anche questo.

Come al solito, non tutti i bambini sono uguali: c’è chi parla prima e chi più tardi. I pediatri, per comodità, si danno delle regole: a due anni, perché lo sviluppo del linguaggio sia considerato sufficiente, occorre che un bambino riconosca le parti del suo corpo e sappia mettere insieme due parole di seguito.

Niente problemi se non pronuncia la erre o la esse: gli errori di questo genere non sono mai problemi di linguaggio.

Un altro mito da sfatare: non è vero che le femminucce parlano prima.

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