Se il bambino non mangia bisogna preoccuparsi?
A cura del pediatra Dott. Vincenzo Calia
Tempo di lettura 8 min




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Spesso i genitori si chiedono se il loro bambino mangi abbastanza. Ma spesso è sufficiente assecondare i bisogni del bambino evitando fuori pasto. Spesso i genitori si chiedono se il loro bambino mangi abbastanza.
Durante i pasti poi, spesso e volentieri cucchiai colmi di pappa si bloccano davanti alla bocca serrata del bambino con conseguente tensione. Allora si proverà a convincere il bimbo a mangiare con vari mezzi: promesse di dolci, di cartoni in tv, giochi, oppure suppliche e preghiere da parte della mamma a mangiare ancora, ecc. Il momento del pasto si trasforma quindi in momento difficile per tutti: per la mamma, che per stuzzicare l'appetito del proprio bambino si ingegna a trovare trucchi culinari e che pensa che il bambino in quel momento stia semplicemente mettendo in atto un capriccio, e per il piccolo, che percepisce l'apprensione della madre.
L’appetito dei bambini è molto irregolare: basta poco perché cali all’improvviso (una febbre per esempio); ma c’è un’età particolare in cui sembra che stia succedendo di tutto: è proprio il periodo compreso fra i 2 e i 3 anni. I bambini, che fino a quel momento sono cresciuti molto in fretta, sembra che si fermino. In realtà la crescita del bambino semplicemente rallenta, perdono quell’aspetto “paffutello” che avevano e diventano più snelli. Anche il loro comportamento cambia: dicono sempre “no”, fanno più capricci, e sul mangiare diventano “schizzinosi” (questo mi piace, questo mi fa schifo!). E contemporaneamente crescono i denti più grandi (molari di latte), insieme ai più fastidiosi (i canini, che si trovano in mezzo agli altri e che a volte vengono fuori molto lentamente). E allora partono le ipotesi: non mangia? Saranno i denti. In effetti la crescita dei denti, dentizione, dà fastidio, il bambino sbava, cerca di mordere, si mette tutto (compreso le mani) in bocca; ma non è questa la causa del mancato appetito. La causa è un’altra: la minore crescita. A 2 anni i bambini sono come un’automobile che rallenta la sua velocità: ha bisogno di meno carburante, e cioè di meno cibo. Tutto qui. E allora ha senso cercare un “rimedio” in farmacia?Credo di no: non c’è rimedio, perché non c’è nessun problema.
I bambini sono perfettamente in grado di determinare quanto hanno bisogno di mangiare; se serrano la bocca, se rifiutano un alimento, se girano la testa per evitare di essere imboccati, spesso significa semplicemente che hanno finito e che sono sazi. Saranno loro a dirvi quando il loro pancino avrà bisogno di un nuovo carico. Sforzarlo potrebbe solo causargli disordini alimentari e caricare di inutile tensione il momento del pasto.
Evitate di supplire a ciò che non mangia con fuori pasto volanti e non salutari, ma prevedete nel pasto successivo un piatto più abbondante nel caso il bambino abbia più fame del solito. E' infatti probabile che se in un pasto il bambino ha mangiato molto poco, possa mangiare di più in quello successivo. Non sostituire le normali pappe con alimenti dolci o più allettanti. Se il bambino è di buon umore e gioca come sempre, non preoccupatevi: quello che mangia è più che sufficiente.
Mangiare e giocare sono momenti della giornata del bambino che possono essere messi a sistema, prolungando il gioco come esperienza del mondo e applicandolo alla scoperta del cibo e del gusto. A volte i bambini si rifiutano di mangiare, specialmente se il pranzo, la cena o la merenda si spostano, da un ambito ludico, sotto il controllo o la gestione dei genitori. Se il bambino rifiuta di mangiare è normale fare finta di dare da mangiare alle bambole le stesse cose che si servono a tavola, o comporre figure nel piatto con pezzetti di verdura o frutta, o più semplicemente lasciarlo pasticciare col cibo senza forzarlo ad usare forchetta o cucchiaino. Insieme a questi trucchi per rendere i pasti del vostro bambino piacevoli e divertenti può essere utile introdurre a tavola oggetti di design dedicati al cibo per caratterizzare e rendere riconoscibile l’azione del mangiare, trasformando il pasto in un momento ricco di colore, divertimento e sperimentazione.
Come recuperare una situazione compromessa? Cosa fare se il bambino non vuole mangiare? Prima di tutto, occorre analizzare in modo spassionato cosa veramente il bambino mangia. Spesso, infatti, il bambino che non mangia apparentemente “nulla” in realtà fa tanti piccoli spuntini che passano inosservati. Occorre poi accettare che le quantità di cibo necessarie ad un bambino sotto l’anno possono essere inferiori a quelle che ci si aspetta. Se il bambino affiancherà all’alimentazione lattea abituale piccole quantità di cibo ricche di nutrienti, non correrà rischio di nutrirsi poco, anche se le prime settimane si limiterà a “spiluccare”. Può inoltre essere importante lasciare che sia il bambino a regolarsi da sé, portare il cibo alla bocca da solo, limitando l’imboccamento ai momenti in cui effettivamente esprime bisogno d’aiuto: anche se questo può significare che mangerà “meno”. Mangiare tutti insieme al bambino e, possibilmente, offrire piccoli assaggi dello stesso cibo, debitamente adattato, che mangia il resto della famiglia, farà leva sul desiderio di partecipazione del bambino, e può essere un’occasione per mangiare tutti in modo molto sano!
Per essere sicure di quanto effettivamente mangi il bambino, si può appuntare quello che mangia durante la giornata, senza dimenticare di segnare eventuali succhi di frutta o fuori pasto, e informarsi se all'asilo ha mangiato e cosa. Se vi accorgete che effettivamente il bambino è inappetente da molti giorni, che è pallido o debole, non esitate a consultate il vostro pediatra che si accerterà delle eventuali cause.
Inoltre il bambino verso l’età scolare passa a volte un periodo in cui diviene diffidente verso il cibo. Come ricercando la “purezza” vuole gli alimenti tutti ben separati, rifiuta i miscugli e i piatti con tanti ingredienti insieme, cerca cibi che somigliano più a figure geometriche: forme regolari, lisce, di un unico colore… si finisce per offrire pasta in bianco e mozzarella, patate e mela. C’è un motivo per questo comportamento; il bambino comincia ad avere idee sue sul mondo e a ragionare ed elaborare teorie su ogni cosa, ed anche sul cibo, e questo lo porta a volte a rifiutare ciò che gli viene offerto. Coinvolgerlo nella scelta del cibo e nella sua preparazione può favorire il superamento di queste resistenze.
Se ha bisogno davvero di distinguere i singoli sapori e non mescolare i cibi, rispettiamo questa esigenza e creiamo pasti in cui il bambino possa mangiare separato ciò che gli altri combinano assieme. Si tratta solo di una fase! E ricordiamoci che comunque forzare a mangiare non serve ed è controproducente, potendo portare a una maggiore resistenza a mangiare, oppure al contrario ad abbandonare il senso dell’autoregolazione, cosa che conduce successivamente a comportamenti alimentari a rischio di obesità.
Un altro aspetto da considerare in questa situazione è come il bambino vive il pasto a tavola. Che clima c’è? Ci sono tensioni? Discussioni? Difficoltà nel farlo mangiare? Tutta l’attenzione è focalizzata sul bambino e su quello che ha nel piatto? Un cambio di prospettiva e maggiore attenzione a creare un clima sereno e rilassato a tavola può contribuire a levare energia alle “prove di forza” attorno a un piatto di spinaci, e darne invece alle interazioni gradevoli fra i membri della famiglia e al puro piacere di stare insieme un po’ in un clima caldo, rilassato, silenzioso (niente TV!) e amichevole.
Chiediamoci anche se le tensioni a tavola non abbiano avuto origine altrove. A questa età spesso il bambino passa parecchio tempo, e a volte pranza con i nonni, la tata, alla materna o alla mensa scolastica. Che tipo di clima trova in quei contesti? Potrebbe aver subito esortazioni, prediche, pressioni, ricatti, rimproveri relativi al mangiare, e riversare la sua reazione di rifiuto anche a cena quando si trova con la sua famiglia. Potrebbe, semplicemente, essere stato forzato a mangiare e aver già raggiunto il suo fabbisogno nutritivo per l’intera giornata!
Per rompere il circolo vizioso, provare a cambiare schema. Cambiate la disposizione della tavola apparecchiata. Scambiatevi i posti a tavola. Mangiate in ciotole o piatti, diversi da quelli che usate abitualmente. Mangiate in veranda, balcone o giardino se ne avete uno e il tempo lo consente. Apparecchiate con una tavola poggiata a terra su 4 supporti (i volumi dello stradale o simili vanno benissimo), cuscini comodi sul pavimento, e create una “cena alla giapponese” (più facile quando si è in pochi o si mangia da soli col bambino!). Soprattutto, niente trucchi o distrazioni: vanno tenuti a riposo la televisione, gli smartphone, i tablet e ogni altra fonte che può distogliere l’attenzione gli uni dagli altri. A tavola si mangia, ma anche si parla, si ascolta, si impara a stare insieme!
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