Aiutami a fare da solo, i consigli della Montessori

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

time

Tempo di lettura 3 min

freccia indietro Indietro
blob
bimbo-dorme
bimbo

Nel secondo anno di vita il bambino entra in una fase avventurosa e complessa: la sua mente si apre ad infinite possibilità riguardo al mondo che lo circonda, e la sua curiosità fortissima, insieme alla capacità di progettare imprese, lo rende un esploratore intraprendente e uno sperimentatore infaticabile. Inizia il suo lungo cammino verso l'autonomia.

Tuttavia questo slancio si scontra con i limiti fisici e con la limitata esperienza del mondo che egli ha, procurandogli grandi frustrazioni ed insicurezze. Il bambino è da un lato spericolato, dall’altro sgomento della complessità delle sfide che gli si pongono dinnanzi; vuole fare da solo, ma vuole anche l’aiuto e la rassicurazione della mamma. Accompagnarlo nel suo percorso verso l’indipendenza può sembrare un rompicapo. Se il bambino mostra il bisogno di essere sostenuto, che fare? Lasciarlo vacillare da solo lo rende solamente più ansioso e insicuro, e aumenta la sua richiesta d’aiuto. Sorreggerlo sempre non lo aiuta ad imparare a reggersi sulle sue gambe. Dunque come fare?



Questo rompicapo però è solo apparente. Basta pensare a quando un bambino inizia a camminare. C’è un momento iniziale in cui ha bisogno di essere saldamente sorretto dalla mano della mamma o del papà, e un momento finale in cui si lancia a camminare da solo. Nel mezzo, sarà stato tenuto per mano, ma via via sostenuto in modo sempre più leggero, e lasciato andare da solo o quasi per tratti sempre più lunghi. La mamma o il papà, però, sono lì vicino, e il bimbo può allungare la mano e aggrapparsi di nuovo se c’è un passaggio più difficile. A volte al genitore basta sfiorare la mano del piccolo con un dito per dargli sicurezza, o reggerlo per il bordo della manica…



Maria Montessori, la grande pedagogista, affermava che il bambino ci chiede: «Aiutami a fare da solo». Di nuovo questo apparente paradosso, che è invece l’arte, propria di ogni genitore, di intuire fino a che punto sostenere e quando lasciare spazio perché il bambino muova un passo senza aiuto.



Nel guidare un bambino verso l’autonomia non si può quindi dare una regola rigida, del tipo: “Mai lasciarlo andare, essere sempre lì a sostenerlo”, ovvero “se non lo butti in mare non nuoterà mai”. Non è così che funziona. Si tratta invece di una relazione flessibile, e il sostegno degli adulti va adattato di volta in volta alla situazione e allo stato d’animo del bambino, regolandosi “a occhio”, con comprensione e pazienza. C’è una zona di penombra fra ciò che il bambino sa già fare e ciò che ancora non è in grado di fare. In questa zona intermedia e in continuo movimento si trova ciò che il bambino può riuscire a fare con un po’ di aiuto o anche solo con un po’ di incoraggiamento da parte del genitore. È lì che si muove il sostegno, questo “aiuto a fare da solo”. Senza forzare, senza suggerire, si tratta semplicemente di essere presenti, pronti ad allungare una mano, o un dito, solo nel momento il cui il bambino allunga la sua; ma senza lesinare questa mano tutte le volte che egli esprime il bisogno di un punto fermo al quale appoggiarsi.