Il timore di viziare il bambino

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

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 Al giorno d’oggi spesso i genitori sono posti di fronte a una singolare contraddizione. Da un lato i loro istinti li spingono ad accorrere al pianto del bambino, cercando di restituirgli il benessere e la serenità, allo stesso modo in cui gli istinti del bambino lo portano a chiedere l’attenzione e l’aiuto dei genitori. Dall'altro, spesso si imbattono in chi insinua il dubbio che tutto questo sia sbagliato, e che i bambini dovrebbero smettere di chiedere e i genitori di rispondere. Il giudizio nei confronti delle madri e dei padri si basa allora su quanto riescono a “tenere duro” di fronte alle esigenze dei loro figli, e su quanto i loro figli si conformano a norme di condotta definite a priori.

Di un bambino che piange o cerca con insistenza l’attenzione degli adulti si dice che “è furbo”, che “vuole comandare lui”, che “cerca di manipolare” i genitori; di un genitore che accorre al pianto e risponde ai bisogni di suo figlio si dice che è “debole”, che “vizia” il bambino.

L’idea di fondo al di sotto di queste affermazioni è che l’educazione sia una sorta di processo di “correzione” di difetti, vizi o storture naturalmente presenti nei bambini. Tuttavia, l’esperienza degli educatori e dei genitori e i risultati delle ricerche mostrano l’esatto contrario, e cioè che i comportamenti devianti, le dipendenze, i comportamenti antisociali, le nevrosi, si radicano spesso in un’educazione rigida, correttiva e poco affettuosa.

L’idea che nel processo educativo si creino “abitudini” che poi tendono a mantenersi indefinitamente, fino a che noi adulti non creiamo un condizionamento differente, incide pesantemente sulla serenità dei genitori che vorrebbero seguire il loro istinto ma si trattengono per timore di creare “cattive abitudini” o addirittura “vizi”.

In realtà, anche se il bambino può abituarsi a una certa situazione o a una certa risposta, le sue aspettative non si basano solo su un condizionamento, ma anche sul suo grado di maturità. Via via che cresce, non ha alcuna difficoltà ad abbandonare quelle situazioni e quei comportamenti dei quali non ha più bisogno: la più forte spinta del bambino non è verso la conservazione ma verso il cambiamento, l’esplorazione e la maturazione.

Quando un bambino ha qualcosa che lo disturba cerca conforto nella vicinanza della mamma e del papà. Non è un ricatto, un tentativo di prendere il potere o di “imbrogliare” l’adulto: è il modo fisiologico e normale che tutti i bambini hanno di ritrovare l’equilibrio e il benessere, è previsto dalla natura ed è, in fondo, anche al di là dell’infanzia, una caratteristica umana: quella di confidare nel sostegno, nella comprensione e nell'aiuto degli altri.

Compito del genitore non è quello di resistere agli appelli del bambino, ma di interpretarli con sensibilità, cogliendo il bisogno che sempre esiste al di sotto di una richiesta di attenzione o di aiuto. Quando si risponde a un bisogno non si vizia il bambino: si dà una risposta adeguata alla sua età. Via via che il bambino crescerà, anche i suoi bisogni matureranno e il genitore, adeguandosi con rispetto e sensibilità, lo potrà così accompagnare nella sua evoluzione rafforzandone l’autostima e il senso di autonomia.

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