A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone
Capita, e non c’è nulla di sbagliato in questo, che il
bambino si addormenti fra le braccia della mamma o del papà. Può essere in
seguito a una poppata al seno (e anche qui, nulla di più naturale!), oppure
cullato e passeggiato dopo un pomeriggio magari in cui è stato nervoso o
indisposto. E’ naturale che il bambino si rilassi e si addormenti fra le
braccia dei genitori: è il luogo più sicuro e confortevole e nulla di più
facile a quel punto scivolare nel sonno. Ma ecco che uno spiacevole schema si
manifesta quando il bambino viene messo giù a dormire nel suo lettino. Il sonno
diviene sempre più leggero, il bambino comincia a muoversi ed agitarsi, e dopo
un po’ eccolo che si sveglia, piange e cerca le braccia consolatrici.
Il fatto è che il posto biologicamente più naturale per il
bambino, al momento di dormire, è a contatto con un adulto che dorme assieme a
lui. Questa è l’aspettativa biologica che ha ogni neonato, per cui è facile che
quando il bambino è nel dormiveglia si allarmi se percepisce di stare da solo.
Non c’è un’unica soluzione giusta a questo problema: c’è chi si organizza in
modo da stare vicino al bambino, che è nel lettino, e accompagnarlo dolcemente
nel sonno a fare la nanna; chi invece preferisce accogliere il bambino nel
lettone e, fatti salvi gli accorgimenti di sicurezza, anche questa soluzione
può andare bene.
Se si vuole addormentare il bambino in braccio e poi
metterlo giù nel suo lettino o culla, una conoscenza degli stadi del sonno può
essere uno strumento utile per poter fare questa operazione nel modo più
efficiente. Infatti i bambini, come anche gli adulti, hanno fasi differenti
durante il sonno. Dapprima c’è il dormiveglia, una situazione in cui si è
ancora svegli per metà e reattivi agli stimoli dell’ambiente: in questo stato,
che si verifica sia nella fase di addormentamento che in quella di risveglio,
basta un nonnulla per essere completamente desti. Poi c’è il sonno con sogni,
caratterizzato da rapidi movimenti degli occhi sotto le palpebre; in questa
fase il sonno è abbastanza leggero e un cambiamento ambientale (essere spostato,
toccato, variazioni di luci o rumori) può riportare in direzione del
dormiveglia e poi del risveglio. Vi è poi il sonno senza sogni, e che può
essere più o meno profondo. In questa fase gli occhi non si muovono, il corpo è
abbandonato, i muscoli rilassati, e il bambino difficilmente si risveglierà
anche se viene mosso o spostato. Aspettare questo stadio prima di mettere giù
il bambino richiede un po’ di pazienza in più, ma si viene ripagati da un sonno
più profondo che facilita l’operazione di deporre il bambino nella sua culla.
Inoltre i bambini tendono a rilassarsi di più quando sono in
contatto con il proprio addome. Tipicamente il bambino in braccio al genitore è
appoggiato con il petto e il pancino contro il corpo dell’adulto, e questo lo
fa rilassare moltissimo!
Quando va messo a dormire, però, sappiamo che per motivi si
sicurezza (prevenzione della morte improvvisa del lattante) va coricato sulla
schiena. Questa è una posizione che i bambini amano meno, e quindi tendono a
risvegliarsi più facilmente.
Per questo motivo, la manovra che funziona in genere è,
quando è ancora in braccio, premere molto saldamente con l’avambraccio sulla
sua schiena, e mettere giù il bambino tenendo l’altro avambraccio e mano
premuto contro la parte anteriore del suo corpo (il petto e il pancino),
facendolo scivolare sul lettino senza staccare la mano che ha contro il
pancino. Mantenere il tocco di questa mano finché il bimbo non si è di nuovo
rilassato ed è scivolato nel sonno profondo, poi rilasciare la pressione molto
gradualmente fino a distaccare la mano.
Un piccolo accorgimento che renderà più facile il delicato
momento del “mettere a nanna”!