Essere genitori: un mestiere o un piacere?
A cura della psicologa Dott. Antonella Sagone
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VAI AI PREFERITIC’era una volta il neonato. Un esserino minuscolo, inerme, che per un po’ di mesi impegnava la mamma notte e giorno, piangendo, poppando, facendo le bizze in orari imprevedibili, e tirando i genitori giù dal letto notte dopo notte. Ma anche deliziandoli con i suoi gorgoglii senza senso, le sue moine, le smorfie (e più tardi le frasi) buffe che esibiva soprendendoli e facendoli sorridere.
Questa idea di neonato non era forse il massimo della scientificità e non andava oltre la superficie, tuttavia faceva sì che le aspettative degli adulti riguardo a cosa un neonato “dovrebbe fare” fossero piuttosto modeste. Insomma, si sapeva che “i bambini fanno tribolare” finché non crescono un po’, e ci si aspettava semplicemente che prima o poi i comportamenti infantili sarebbero stati superati e il bambino avrebbe cominciato a comportarsi più “da grande”.
Questa concezione dello sviluppo infantile è oggi stata completamente soppiantata da un’altra, secondo la quale il bambino è una creatura che tende a comportarsi in modo indesiderabile finché i genitori non si applicano a correggerlo. Secondo questa teoria, tutti i comportamenti del bambino sono da imputare alle abitudini, buone o cattive, e quindi la responsabilità di ogni cosa ricade sui genitori. Sono loro che devono agire in modo da imporre al bambino ritmi e comportamenti adeguati, così da “abituarlo” a ciò che è bene e “disabituarlo” a ciò che invece non va bene.
Questa concezione pone un grave fardello sulle spalle dei genitori, e dato che i bambini al di là delle teorie continuano a comportarsi secondo la loro età anagrafica, cioè ad agire in modo “infantile”, ciò manda inevitabilmente in crisi mamma e papà. Ecco allora che si chiedono dove hanno sbagliato, sentendosi inadeguati o colpevoli perché il loro piccolino non vuole dormire tutta la notte, o mangiare la pappa, o giocare da solo, bensì continua a chiedere ostinatamente di stare con la mamma giorno e notte. Seguono poi le consultazioni di manuali, sui blog, e i consigli di amici e di esperti vari, e molte delle energie e del tempo (già scarso) dei genitori viene impegnato in un’attività “educativa” basata sul lottare contro il loro istinto di coccolare il bambino e cercare invece di imporgli cose diverse da quelle che istintivamente farebbe. Sono energie in buona parte sprecate, dato che i comportamenti dei bambini in realtà sono determinati dalla loro maturità biologica, neurologica ed affettiva, e pertanto essi hanno bisogno più di affiancamento e sostegno che di tecniche di condizionamento.
E’ un vero peccato, perché quella concezione pedagogica priva prima di tutto genitori e figli del piacere di stare insieme, senza secondi fini se non quello di godere della reciproca compagnia. L’idea che ogni nostro gesto o azione causi conseguenze permanenti nel comportamento del bambino ci rende meno liberi di trovare il nostro stile genitoriale, con la fiducia che nostro figlio abbia soprattutto bisogno di tempo e di sostegno per evolversi e maturare.
Forse può sembrare un approccio semplicistico, eppure le ricerche oggi ci danno una solida base di evidenze scientifiche per confermare questa semplice verità, e cioè che neonati e genitori hanno bisogno gli uni degli altri. Se in passato essere genitori è stato considerato un dovere, e oggi viene considerato un mestiere, perché non cominciare, semplicemente, a considerarlo un piacere?