Il tatto nei bambini: il primo senso che sviluppano

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

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Può sembrare incredibile, ma il neonato che cresce in grembo alla mamma inizia prestissimo ad avere una vita “di relazione” durante il periodo della gravidanza: questa esperienza si sviluppa attraverso il più antico dei sensi: il tatto.

Nel suo sviluppo embrionale, la pelle è il primo “interfaccia” fra il bambino e il resto del mondo che, in quel momento, è l’ambiente uterino in cui si sta formando. Non è che un piccolo gruppo di cellule, eppure già sta formando la sua “pelle”. Lo strato cellulare esterno di quella piccola sfera di cellule è infatti quello che diventerà la sua epidermide; ma la cosa incredibile da sapere è che questo strato, nelle primissime fasi di sviluppo, forma un ripiegamento verso l’interno per tutta la lunghezza dell’embrione. Ebbene, quella piega interna diventerà il cervello e l’insieme dei nervi del bambino. Insomma: la pelle del bimbo (dalla quale poi si formeranno anche tutti gli altri organi di senso), è un tutt’uno con il suo sistema nervoso!

Questo spiega perché sin dai primissimi momenti di funzionamento del suo cervello, l’embrione è in grado di “sentire”, ovvero di toccare ed essere toccato. Appena avrà sviluppato delle mani comincerà ad agitarle per reagire e provocare stimoli tattili, sfiorare le pareti uterine, se stesso, il cordone ombelicale. Successivamente si comincerà a succhiare le dita, sperimentando così già nel grembo le prime esperienze di piacere tattile.

Le ricerche effettuate con tecniche ecografiche o con fibre ottiche mostrano una vivace attività intrauterina del feto, che non solo è molto reattivo agli stimoli tattili – scalciando e agitando gli arti quando viene sfiorato dalle pareti dell’utero, ma anche è attivamente esplorativo nei confronti del suo piccolo mondo, toccando con le mani, passeggiando con i piedi all’interno dell’utero, ruotando il viso verso la direzione da cui provengono le sollecitazioni, non appena esso viene sfiorato dal cordone ombelicale o dalle sue stesse mani.

In questa fase, il bambino è avvolto dal liquido amniotico, che attutisce e rende “scivolosa” ogni esperienza tattile. Questo fa sì che il bimbo ancora non abbia la coscienza di essere qualcosa di distinto dalla sua mamma: è solo sensazione, eppure è già in grado di distinguere e ricercare le sensazioni piacevoli, come quelle del succhiare o del deglutire il liquido amniotico. La pelle sarà ciò che, una volta nato, gli insegnerà il confine fra se stesso e gli altri: fungendo da contenitore del suo corpo e da barriera che lo separa e lo protegge dall’esterno, ma anche allo stesso tempo fungendo da “Intermediario, un ponte insomma che gli permetterà tramite il senso del tatto di entrare in contatto con ciò che è “altro” da sé, attraverso le esperienze tattili del toccare e dell’essere toccato e accarezzato.

Ecco perché alla nascita è così importante per il bambino ritrovare, fuori dell’utero, quell’esperienza tattile ora non più mediata dalla dolcezza del liquido amniotico, ma che dovrà essere altrettanto dolce e gentile, fatta di carezze, abbracci e calore. Questa dimensione sensoriale, la prima della sua esistenza e la più sviluppata in lui assieme all’udito, sarà fondamentale per farlo sentire al sicuro, contenuto e amato.