A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone
Uscire a spasso con il proprio bambino può essere per
l’adulto un’esperienza destabilizzante. In genere noi adulti usciamo con uno
scopo, diretti verso una meta precisa, e abbiamo delle “commissioni” da
sbrigare in un tempo predefinito, spesso non da noi ma dalle esigenze della
famiglia e del lavoro.
Un bambino piccolo, al contrario, vede il mondo come un territorio
da esplorare e si muove al suo interno senza alcuno scopo al di fuori
dell’esplorazione in sé.
Uscire con il proprio bambino, anche solo per una
passeggiata, è a volte vissuto dal genitore come una complicazione. L’adulto ha
spesso i minuti contati e una serie di impegni da soddisfare, e questo mal si
accorda con il desiderio invece del bimbo di fermarsi ad osservare ed esplorare
le cose nuove che vede intorno a sé. Alcuni ambienti in cui viene a trovarsi
sono inadatti a lui, come uffici o negozi, altri sono troppo carichi di
stimoli, come i centri commerciali, altri infine, come la strada, sono pieni di
pericoli. Il genitore spesso è ansioso e impaziente, e questo rende ancora più
difficile fare le proprie commissioni e nello stesso tempo tenere il bambino
tranquillo e collaborante durante l’uscita. Il bambino finisce nel passeggino,
che è il modo più pratico per controllarlo ed evitare che corra qua e là, o che
rallenti il passo deciso dell’adulto.
Ma non c’è davvero un altro modo per uscire con i propri
bambini, portarli a spasso o a fare una passeggiata, senza che questo diventi
una prova per entrambi? Il bambino non desidera altro che essere parte del
mondo dell’adulto, ed è felice di uscire a camminare con la mamma o il papà,
però ha bisogno di farlo con i suoi modi e i suoi tempi per poter godere
appieno di questa esperienza.
Cambiare ottica, pensare che stiamo introducendo nostro
figlio nel vasto mondo, e che questo è parte dei nostri obiettivi quando
usciamo, può aiutarci a trovare modalità più compatibili con i bisogni di
tutti. Occorrerà pianificare le uscite in modo che non siano troppo piene di
impegni incalzanti, e prevedere un tempo maggiore di quello che sarebbe
necessario se si uscisse da soli. Utile anche trovare qualche giochino che il
bambino potrà portare con sé per passare il tempo nei momenti in cui si dovrà
stare fermi in un posto – alle poste o alle casse del supermercato, ad esempio.
Ma per il resto, proviamo a metterci nei panni del bambino e a lasciare che sia
lui a scegliere che passo tenere. Permettiamogli di camminare, invece di stare
passivamente seduto in un passeggino, e di fermarsi anche dieci minuti ad
osservare i pesci nell’acquario del negozio di animali, a provare a salire e
scendere venti volte dai tre gradini del negozio, a cogliere fiori al margine
della strada. Guardiamo per un po’ il mondo con i suoi occhi: potremmo notare
cose che nel nostro frettoloso andare ci sfuggono, e ritrovare per un po’ lo
sguardo incantato della nostra infanzia. Alla fine della passeggiata, potremo
scoprire che siamo riusciti ugualmente a fare buona parte di quello che ci
eravamo prefissi, magari nel doppio del tempo, però con molta più serenità e
soddisfazione da entrambe le parti, e che possiamo tornare a casa con al seguito
un bambino piacevolmente stanco ma soddisfatto e non nervoso e imbronciato come
succede quando cerchiamo di imporre la nostra tabella di marcia senza guardarci
intorno.