Non si tocca!

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

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Tempo di lettura 14 min

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Quando il bambino inizia la fase dell’intensa esplorazionedel suo ambiente, toccando tutto e mettendo a volte a repentaglio la suaincolumità o rischiando di fare qualche “danno”, ci si affretta a rendere lacasa “a prova di bambino”, oppure si cerca di non far toccare al bambino questoe quello. C’è infatti chi dice che non bisogna rendere le case totalmente “aprova di bambino”: questo sarebbe diseducativo perché in questo modo il bimbo crescerebbecon l’idea che può toccare tutto, e fuori casa sarebbe incontenibile, oriceverebbe continui “no” a cui non è abituato.

Ma perché questa idea così forte che il esso sia un “animalettoselvatico” da ammaestrare? Per quale motivo si dovrebbero creare a bella postasituazioni in cui si deve ”educare” il bambino diocendogli di no?

Forse questo timore che il bambino cresca senza controllo e“faccia ciò che vuole” nasce da una difficoltà a comprendere i bisogni e lenecessità che sono dietro il comportamento dei bimbi, e a volte da un senso diimpotenza e inadeguatezza a rispondere a questi bisogni e comportamenti in modocostruttivo ed efficace, salvando anche le esigenze personali e familiari. Daun lato i genitori si sentono spesso dire, erroneamente, che un comportamentoche non viene attivamente modificato rimarrà tale per sempre; dall’altro,devono ancora acquisire quella capacità, che hanno i genitori esperti, di incanalarele attività esplorative del bambino in modi accettabili, cioè che non creinodisagio nell’ambiente familiare o all’esterno.

 

Ai genitori che si preoccupano di “prevenire tutte lesituazioni potenzialmente pericolose”, si può dire che è comunque impossibilerendere la casa così baby friendly da non dover mai dire di no. Si cerca soltantodi rendere la vita meno sgradevole a lui e ai familiari, togliendo di mezzo unpo' di cose proibite o veramente pericolose. Ma i bambini sono molto creativi equindi otterranno comunque la loro dose di no anche a casa, ci si puòscommettere!

 

Forse fra cercare di adattare il mondo al bambino, oppure ilbambino al mondo, c’è un terzo approccio che si può seguire. Nella scuolaMontessoriana, ad esempio, piuttosto che far sparire tutto dalla sua portata, osommergerlo di “no, i bicchieri e i piatti con cui i bambini mangiano sono allaloro portata, e non sono infrangibili.

Se si accetta l’idea che a volte il bambino potrà ancheavere qualche piccolo “incidente” (un piccolo capitombolo, un gioco che sirompe), dopo aver rimosso il vaso di cristallo, l’oggetto prezioso e tuttiquegli elementi che possono costituire veramente un rischio serio, ci si puòanche rilassare e lasciare che sia l’ambiente stesso della casa, piuttosto chei nostri “no”, ad ”educare il bambino”. Naturalmente, questo comporta che il bimbonon va lasciato solo, ma va sorvegliato discretamente, in modo da lasciare cheesplori e apprenda direttamente, sperimentandole, le conseguenze delle sueazioni.

 

E fuori casa?

I bambini, anche così piccoli, sono perfettamente in grado di comprendere lesituazioni. Il bimbo imparerà che a casa propria si possono fare certe cose, acasa della zia no; nel negozio non potrà fare altre cose ancora.

 

Certo non è un approccio per genitori pigri: significa, inquesta prima fase di intensa esplorazione, guardare “a vista” il bambino… mavale la pena, se si saprà affiancarlo con discrezione e aiutandolo a “leggere”l’ambiente piuttosto che sottrarlo alla sua curiosità.

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