I capricci dei bambini: non vuole darmi la mano
A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone
Tempo di lettura 6 min




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Nel secondo anno di vita praticamente tutti i bambini attraversano una fase di opposizione, con capricci e rabbia. Sono alla scoperta del mondo e sono impazienti di “metter mano” anche loro a tutte le cose che fanno parte del mondo degli adulti; sono capaci di focalizzare bene i loro bisogni ed elaborare strategie per raggiungere i loro obiettivi, e hanno recentemente conquistato grandi abilità nell’ambito motorio, intellettivo e linguistico.
Quando il bambino muove i primi passi, un intero universo si spalanca davanti a lui. Improvvisamente, può arrivare molto lontano sulle sue gambe, può esplorare a piacimento il mondo. Queste abilità sono ancora allo stato iniziale e quindi spesso i bambini si scontrano con i limiti operati dal loro ambiente (ostacoli fisici) o dalle regole adulte (ostacoli sociali). Questa è una grande frustrazione! Ma anche il genitore, quando il bambino si lancia in esplorazione, ha un momento di smarrimento o di panico, perché diventa molto più difficile controllarlo in modo che non faccia danni e sia sempre al sicuro. Fuori di casa, in particolare, uno dei peggiori incubi dei genitori è distrarsi e perdere di vista il proprio bambino. Si prende quindi per mano, per guidarlo e per tenerlo al sicuro.
Ma non tutti i bambini accettano questa regola. Alcuni davvero non sopportano di essere così “trattenuti” e anche pochi metri divengono una prova di forza e un momento stressante sia per i genitori che per i loro piccoli. I bambini, spesso, si disperano o provano una grandissima frustrazione per “stupidaggini” (dal punto di vista degli adulti). Dal punto di vista del bambino però le cose hanno altre proporzioni, valori, priorità, difficoltà. Dal suo punto di vista, sono i genitori che spesso lo fanno “disperare”! Ma il bambino non ha ancora un linguaggio che lo renda capace di definire e spiegare agli altri i motivi dei loro disappunti. Così la frustrazione che ne nasce è molto forte e le crisi di rabbia si esprimono in modo molto diretto e fisico. A questo punto i genitori spesso si sentono dire che il bambino li sta “sfidando” o “provocando” e vengono esortati a “far capire chi comanda”. Un approccio che rischia di trasformare la relazione parentale in una guerra o una prova di forza. Ma il bambino non è né un tiranno né un nemico: è piccolo, fragile e bisognoso dell’aiuto e del sostegno degli adulti. A volte un no, motivato dalla necessità di andare incontro anche ai bisogni del resto della famiglia, può anche essere accettato da un bimbo di due o tre anni; invece i rimproveri non fanno che irritare di più il bambino in collera: non è giusto né di aiuto per il bambino sentirsi biasimato per aver espresso desideri e volontà in contrasto con le regole familiari. Non si deve dire per forza di sì: ma anche e specialmente quando si dice no, il bambino ha bisogno di comprensione, empatia, accettazione dei propri sentimenti, anche quelli di rabbia e frustrazione.
Proviamo a vedere le cose dal punto di vista del bambino. I passi dell’adulto raramente vanno nella direzione in cui andrebbe il bambino se fosse libero di muoversi, e difficilmente con il suo ritmo. L’adulto quando cammina ha una meta, il suo percorso somiglia a una linea diritta che unisce se stesso al punto di arrivo, nel modo più lineare possibile e di buon passo. Il percorso del bambino è invece circolare, fatto di deviazioni e soste lunghe per esaminare le cose interessanti; i suoi tempi sono dilatati. Inoltre il bimbo è fiero della sua indipendenza e può sentirsi mortificato da una stretta di mano “imposta” .
Il bambino non desidera sfuggire all’adulto, il suo istinto lo mantiene vicino a lui, tuttavia nel suo vagabondare può allontanarsi più di quanto sia sicuro. Ma non è sempre indispensabile tenersi per mano, il bimbo può imparare a mantenersi a una distanza tale da garantire la sua sicurezza. Questa distanza potrà essere più grande, anche di parecchi metri, al parco giochi in un ampio spiazzo, molto ravvicinata nei luoghi affollati, e minima (a contatto) quando, ad esempio, si attraversa la strada. L’adulto può stabilire dei limiti flessibili, dando fiducia al bambino in modo progressivo e a seconda del contesto. Nel momento in cui il bambino supera questi limiti, verrà subito preso per mano e così imparerà ad auto-limitarsi. Ma sarà anche importante che l’adulto, specialmente quando prende il bambino per mano, non lo tiri e non lo forzi a un’andatura superiore a quella che lui terrebbe, e che tolleri pause e piccole deviazioni per soddisfare la sua curiosità, prendendosi in anticipo un tempo maggiore per le passeggiate insieme.
A volte basta poco perché un bambino con un forte senso di indipendenza diventi più collaborativo. Adeguarsi ai suoi passi, spiegargli che ci sono situazioni che richiedono di stare tutti più vicini. Alcuni bambini rifiutano la mano ma accettano di camminare aggrappati al vestito dei genitori. E quando proprio è indispensabile dare la mano, ad esempio quando si attraversa? Un trucco può essere quello di chiedere al bambino di portare la mamma o il papà per mano dall’altra parte. Così si sentirà responsabile e il suo amor proprio sarà soddisfatto!
Il bambino deve apprendere il vivere sociale, ma il sistema familiare intorno a lui deve a sua volta accogliere il bambino di due o tre anni, con i suoi limiti ma anche con i suoi slanci e le sue potenzialità. Si tratta di un adattamento reciproco: il bambino deve adattarsi a certe regole, ma nei limiti del ragionevole, e le regole devono, sempre nei limiti del ragionevole, divenire flessibili e comprendere i bisogni del bambino, eventualmente trovando altri modi per soddisfarli. Lo sforzo dei genitori di essere comprensivi ed empatici, e di includere il bambino nella loro vita, è una risposta competente e appropriata di sostegno; ma non implica la garanzia di avere in cambio un bimbo remissivo e accondiscendente. Non è questo il percorso evolutivo che i bambini fanno per arrivare a un comportamento sociale, che può essere raggiunto solo con la maturazione affettiva, attraverso l’esempio vivo degli adulti – esempi di comprensione, empatia e rispetto reciproco.
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