Convincere il bambino o no?

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

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Tempo di lettura 3 min

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Spesso capita che le richieste del genitore incontrino resistenza nel bambino piccolo; in questo caso quanto è opportuno discutere per convincerlo a obbedire?

Nella fase del “no” è molto facile che il bambino ai primi passi si rifiuti di fare quello che i genitori gli chiedono. La fase oppositiva è del tutto naturale e necessaria: il bambino deve viverla esplorando la sua capacità di autonomia e difende con forza le sue scelte e desideri.E’ importante comprendere che non si tratta di una battaglia in cui un fronte deve vincere contro l’altro. E’ una “palestra” per addestrare il bambino (ma anche i genitori possono imparare!) a lavorare insieme e trovare soluzioni condivise, per quanto sia possibile oppure ad adattarsi, in certe situazioni, tenendo conto delle esigenze degli altri.

A volte può essere l’adulto ad adattarsi, ad esempio ascoltando il bisogno del bambino può trovare soluzioni alternative che vadano bene a tutti. Capita però che certe volte le richieste degli adulti non siano derogabili e il bambino non desideri adattarsi. In questi casi, succede che il genitore si dilunghi in spiegazioni approfondite sul motivo della richiesta, o ingaggi una battaglia fatta di minacce, oppure di promesse per blandire e “convincere” il bambino. Ma vale la pena?

Per quanto riguarda il discorso di convincere o meno con promesse o distrazioni, anche se nel quieto vivere quotidiano succede di usare questi espedienti, che possono nell’immediato facilitare la vita dei genitori, sarebbe importante non farne un metodo sistematico. Distrarre o premiare è un po’ cercare di far sì che l’altro accetti il nostro punto di vista. Questo non è necessario né utile a ottenere un certo comportamento. Fa diventare spesso una prova di forza o di astuzia il confronto con un piccolo di due o tre anni. E’ più semplice accettare l’idea che in questa fase il bambino ha una sua forte volontà e le idee chiare su cosa vorrebbe fare, e che queste a volte non coincidono con i progetti degli adulti.

Quando è così, e quando non si trova un compromesso valido per tutti (soluzione sempre preferibile) semplicemente si fa ciò che è necessario. Se il bambino non è d’accordo, arrabbiarsi con lui non serve a nulla, ma si può essere comprensivi sul suo dispiacere, mentre gli viene imposta la decisione degli adulti. Non è una questione di chi comanda, né di compiacere alcuni bambini, figli o genitori. Semplicemente ci sono dei bisogni degli adulti e dei bisogni del bambino. I genitori, in quanto adulti, possono assumersi l’onere di decidere cosa va fatto e poi gestirne in modo sereno le conseguenze anche emotive del bambino.