Le emozioni nei bambini

A cura della psicologa Dott.ssa Antonella Sagone

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Tempo di lettura 3 min

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Vi è mai capitato di pensare, di fronte al capriccio del vostro bambino, quanto quel pianto, quegli atteggiamenti, vi facciano “perdere la bussola”?

Ma perché i bambini si comportano proprio in modo da farvi saltare i nervi? Non potrebbero semplicemente dire cosa li fa innervosire?No, non possono. Un bambino piccolo ha spesso un vocabolario limitato per spiegare cosa lo sta preoccupando, frustrando, mettendo in difficoltà. E soprattutto, ha difficoltà a spiegare e gestire le emozioni che accompagnano questi momenti di crisi; perché non sa nemmeno lui (o lei) bene cosa gli sta succedendo, è sottosopra e non ha idea di come spiegare a parole come si sente.Allora fa una cosa che è molto più efficace delle parole: diventa “contagioso”. DI fronte a un capriccio il genitore si sente angosciato, irritato, aggredito? sente di stare per esplodere? Oppure è disperato, pensa di essere incapace di far fronte, è smarrito, non sa da dove cominciare? Si sente inadeguato, stanco, impotente?
Quando succedono questi momenti, proviamo a fermarci un momento, sospendere ogni giudizio, e semplicemente “assorbire” e identificare le emozioni che si agitano dentro di noi. Poi guardiamo il bambino: come si sente lui? Qual è il suo stato emotivo?


Scopriremo con sorpresa che la descrizione delle nostre emozioni potrebbe calzare perfettamente anche a lui. In realtà, nostro figlio sta cercando di portarci “dentro” il suo sentire, dentro le proprie emozioni, e noi genitori, che siamo naturalmente portati a sintonizzarci con i nostri piccoli, veniamo risucchiati in queste emozioni senza nemmeno rendercene conto. In realtà, il contagio delle emozioni significa che siamo connessi ai nostri figli, solo che non ce ne rendiamo conto e viviamo questa precipitazione di emozioni negative come fosse uno scontro in cui qualcuno deve vincere e qualcun altro deve perdere!Le neuroscienze hanno scoperto che nel nostro cervello esistono dei neuroni “a specchio” che funzionano proprio così: entrano in risonanza con lo stato del nostro prossimo e ci fanno sentire e agire nello stesso modo. Un neonato assume le stesse espressioni dell’adulto che gli sta di fronte, e persino prova l’emozione corrispondente: ride ai nostri sorrisi, piange ai nostri cipigli.
E noi ci commuoviamo davanti al pianto di un’altra persona, e davanti alla risata di un bambino, persino sconosciuto, in un breve filmato in rete, ridiamo senza poterci trattenere.E così ci arrabbiamo di fronte a nostro figlio in preda alla collera… siamo semplicemente entrati in sintonia con lui. O forse è lui che è entrato in risonanza: non è forse vero che i bambini si mostrano più insofferenti, ansiosi, collerici, stanchi proprio quando anche noi adulti siamo affaticati, nervosi, irritati o preoccupati?

Allora la prossima volta che nostro figlio ci trascina nel vortice di un’emozione negativa, fermiamoci e pensiamo: “Ecco, ora so come si sente lui in questo momento”.

Non cerchiamo subito di “risolvere” il problema, trovare una soluzione magica, decidere chi ha ragione, chi sbaglia, stabilire se dire di sì o di no.Metà del problema è fatto solo di emozioni non ascoltate. Usiamo le nostre stesse emozioni come guida, per insegnare ai bambini come gestirle, e apprezziamo i nostri neuroni a specchio, che stanno facendo bene il loro lavoro per aiutarci a sintonizzarci sul nostro cucciolo con empatia.